The Replacements – Take Me Down To The Hospital (1983)
Paul Westerberg – vocals, guitar
Bob Stinson – guitar
Tommy Stinson – bass
Chris Mars – drums
Brano tratto da “Hootenanny”, secondo album dei Mats. Fino al momento di scrivere questa riga pensavo di aver compiuto una scelta del tutto casuale, ma mi sono improvvisamente reso conto che il terribile incidente occorso alle Ladies’ Code deve avermi influenzato nella scelta.
The Paragons – Abba (1966)
Pat Walters – lead guitar
Danny Huntley – rhythm guitar
Tim Moore – keyboards
Bobby Pace – bass
Johnny Pace – drums, lead vocals
Altro classico garage.
Count Five – Psychotic Reaction (1965)
John “Sean” Byrne – vocals, rhythm guitar
John “Mouse” Michalski – lead guitar
Roy Chaney – bass
Kenn Ellner – harmonica, tambourine
Craig Atkinson – drums
La più nota tra le canzoni garage, Lester Bangs, il re dei critici rock, le dedicò il suo articolo forse più noto (Psychotic Reactions and Carburetor Dung del 1971) che diede il titolo alla prima raccolta postuma dei suoi scritti e che contiene il primo utilizzo del termine “punk” per definire un genere musicale (il garage rock, noto anche come 60’s punk). In quegli anni la British Invasion impazzava quasi inconstrastata negli USA e anche i Count Five erano un gruppo ispirato ai britannici Yardbirds, ma in questo caso non si trattava di una semplice copia, tutt’altro.
Per approfondire il discorso sul garage si possono guardare quelli tra i video citati in questo mio vecchio articolo senza titolo che sono sopravvissuti al passare del tempo, interessanti anche i commenti.
Blonde Redhead – Melody (2004)
Kazu Makino – vocals, guitar
Amedeo Pace – vocals, guitar
Simone Pace – drums
In occasione del ventennalle della loro carriera e dell’uscita del loro ultimo album, oggi La Repubblica ha pubblicato un articolo insolitamente non del tutto mal fatto sul gruppo rock pseudo-italiano-giapponese (che in realtà è di New York) da vent’anni dedicato alla bionda rossa.
Blonde Redhead, i gemelli italiani che con l’alternative rock hanno trovato l’America
The Brogues – I Ain’t No Miracle Worker (1965) + Bonus
Gary Grubb (Gary Duncan) – vocals, lead guitar
Eddie Rodrigues – rhythm guitar
Rick Campbell – vocals, organ
Bill Whittington – bass
Greg Elmore – drums
Altro classico garage. Duncan ed Elmore sarebbero in seguito stati membri fondatori dei Quicksilver Messenger Service, terzo gruppo psichedelico di San Francisco per importanza dopo Grateful Dead e Jefferson Airplane. I Ain’t No Miracle Worker ha avuto diverse cover version, tra quella italiana dei Corvi.
The Elastik Band – Spazz (1967)
David Cortopassi – vocals, rhythm guitar
Scott Williams – lead guitar
Russel Kerger – keyboards
Rusty Kierig – bass
Vince Silvera – drums
Un atipico classico cult del garage rock statunitense (genere conosciuto anche come “60’s punk”). Il garage rock pone le sue radici prima della british invasion dei primi anni ’60, ma si sviluppa dopo averne subito l’influenza. Dal garage rock si svilupperà la psichedelia statunitense che dominerà insieme a quella inglese (solo vagamente imparentata) il panorama rock dal 1966 al 1971.
Quando inizia l’anno 1979 Ignazio da Dóvero è un ventottenne obeso, impacciato, con difficoltà di parola e forti problemi relazionali. Vive in un piccolo bilocale nell’hinterland a nord ovest di Milano con la madre vedova, che lo mantiene. Occasionalmente Ignazio si procura qualche lavoretto saltuario che gli permette di guadagnarsi il denaro necessario per acquistare i dischi di glam rock che tanto lo appassionano, in particolare quelli del suo idolo Jobriath che è quasi impossibile procurarsi dall’Italia. Continue reading »
Ronnie Dawson – Monkey Beat (1995), Rockin’ Bones (1959, 1995)
“Beneath these bones let these words be seen: «The running gears of a boppin’ machine»”
Il bombardiere biondo Ronnie Dawson ci impartisce a diciannove anni, per ribadirle con immutata convinzione negli anni a venire, le previdenti e dettagliate istruzioni da seguire dopo la sua dipartita, poi avvenuta per davvero assai prematuramente nel 2003. Parole profetiche: “the rock ‘n’ roll daddy has done past on but his bones keep rockin’ long after I’m gone”.
Hardrock Gunter – Intervista (2008), Birmingham Bounce (1950), Gonna Dance All Night (1951)
“We’re gonna rock’n’roll while we dance all night”
L’uomo che nel 1950 con “Birmingham Bounce” incisa con i suoi Pebbles inventò il rockabilly fondendo country, boogie-woogie, jump blues e rhythm and blues quasi cinque anni prima della “Rock Around The Clock” di Bill Haley & The Comets e di tutto quel che venne dopo. Nel 1951, in “Gonna Dance All Night” utilizzò per la prima volta il termine Rock’n’Roll per riferirsi a un genere musicale invece che a un rapporto sessuale. E ben pochi lo hanno mai sentito nominare. Ingiustizia!
Stupenda la conclusione dell’intervista: “Innanzitutto non ero tanto bravo quanto Elvis! (…) inoltre quella musica che suonavamo e di cui fummo i pionieri piaceva soprattutto agli adolescenti, mentre io ero un tappo di un metro e mezzo, pelato e un poco sovrappeso e per di più ero già sposato (…) che cosa avrei potuto offrir loro che li interessasse? (…) Non penso che fossi il giusto personaggio, né che avessi la giusta personalità per piacere a quel pubblico!”